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«Ci siamo svegliate e abbiamo capito di avere voce in capitolo.» Dalla medaglia ai problemi del movimento: Jasmine Keys racconta un basket femminile che vuole contare, cambiare e vincere.

  • valeriocamilla93
  • 12 ore fa
  • Tempo di lettura: 7 min

La medaglia di bronzo conquistata agli Europei ha riportato l’Italia del basket femminile sul podio dopo anni di attesa. Un risultato storico, frutto di un gruppo giovane e determinato che ha saputo ribaltare i pronostici e ritrovare entusiasmo intorno alla Nazionale. Tra le protagoniste di questa impresa c’è Jasmine Keys, ala della Nazionale e della Famila Schio, parte di una generazione che non si accontenta di vincere sul parquet ma vuole, a fatica,  cambiare le regole del gioco anche fuori dal campo.


In questa intervista, Keys racconta le emozioni di un’estate indimenticabile e le sfide che il movimento ha ancora davanti: dal cammino verso il professionismo al tema delle sponsorizzazioni, fino al gender pay gap e alla necessità di unire le giocatrici in un’unica voce. Con la schiettezza e l’ironia che la contraddistinguono, parla di sport, di diritti, di errori che insegnano e di un futuro che merita più ascolto e visibilità.


Perché, come ricorda lei stessa, «il movimento del basket femminile senza di noi, dove va?».



Raccontami un po di questa medaglia…

Vincere il bronzo è stata un’emozione incredibile, mai provata prima. Con un gruppo giovane e rinnovato che forse non se l’aspettava. Abbiamo saputo gestire il peso della responsabilità di voler vincere una medaglia che mancava da anni. È stato un viaggio bellissimo, dal raduno all’Europeo.


Che effetto ha avuto questa vittoria e quale eredità lascia?

C’è molto più entusiasmo, anche in vista del pre-Mondiale che giocheremo a Porto Rico a marzo. È un’eredità importante, ma è bello sentirsela addosso.


Avete notato un impatto concreto?

Sì, si organizzano più eventi per promuovere il basket femminile, c’è più partecipazione e coinvolgimento. Anche noi giocatrici siamo invitate più spesso a premiazioni e incontri. C’è più entusiasmo, ed è bellissimo. È per questo che si gioca


Dal punto di vista delle sponsorizzazioni, qualcosa è cambiato?

Sinceramente no. Nessuno ci ha mai davvero considerato. Spero che questa vittoria serva a cambiare le cose.


E per quanto riguarda il professionismo, a che punto siete?

Qualcosa si è iniziato a muovere con la nuova legge del luglio 2023*. Non tutte però abbiamo il contratto rinnovato perché non tutte le società possono permettersi di sostenere questi costi. Infatti, pagando le tasse noi costiamo di più all'occhio della società e penso che la maggior parte di noi per ora abbia un contratto co.co.co.  È tutto ancora molto per aria, tutto in fase di elaborazione, però ci sono stati dei passi in avanti. C'è da riconoscere questo anche perché indietro sarebbe stato difficile, quindi speriamo che prima o poi arrivi anche il professionismo. 


Quanto è cambiato il movimento da quando sei arrivata in Serie A?

C’è più collaborazione con il settore maschile, come nella Coppa Italia 2024 o negli eventi organizzati dagli sponsor. Anche le strutture sono migliorate. Ma soprattutto è cambiata la consapevolezza verso i nostri diritti: ci siamo svegliate e abbiamo capito di avere voce in capitolo.













A che punto siete di questo percorso?

La strada è ancora lunga. Serve più unità come movimento, serve muoverci tutte nella stessa direzione: ci manca ancora la forza di dire «se succede questo, noi non scendiamo in campo». 


Perché manca questa unità?

Perché non tutte siamo tutelate allo stesso modo, le società che fanno i contratti giusti sono poche. Molte volte non sappiamo nemmeno noi quali siano i nostri diritti, li veniamo sempre a sapere da persone e voci esterne. C’è poca informazione. Stiamo migliorando, ma serve ancora tanto lavoro per raggiungere questa unità di popolo che ci permette di fare una rivolta. 


Quanto vi sentite ascoltate?

I “piani alti” sono ancora fossilizzati nelle loro idee. Però stiamo imparando a dialogare, a collaborare e a capire su cosa lavorare insieme e andare d’accordo. 


Perché davanti al Presidente Mattarella non avete parlato dei problemi del movimento?

Quel discorso non è stato preparato insieme. Non c’è stato un momento di raccoglimento in cui si è deciso cosa dire, è successo e basta. Concordo però che sia stata un’occasione persa. Io sono molto per la rivolta, per la ribellione, ma mi hanno un po’ tarpato le ali. 


A cosa leghi la difficoltà di esporsi? Cosa serve per cambiare davvero?

Una presa di coscienza del potere che abbiamo. Il movimento del basket femminile senza di noi, dove va? È il momento di farci sentire, anche se penso che un po’ di  paura ci sia anche per ciò che è capitato in passato. Perchè Giorgia Sottana non è stata più convocata con la Nazionale? Perché ha detto la sua. Ma ora più che mai è il momento di parlare, dobbiamo farci sentire, alzare la voce.


Cosa avresti detto tu a Mattarella?

Avrei parlato di discriminazione, di gender pay gap e mancanza di visibilità. E avrei lanciato un messaggio di pace. Noi andiamo lì perché buttiamo una palla in un canestro però ci sono cose più grandi di noi e bisogna sfruttare questi momenti di visibilità per parlarne, per mandare un messaggio di pace.


Spesso il problema del gender pay gap viene legittimato dalla grande differenza di pubblico e introito economico che esiste tra basket femminile e maschile. Cosa rispondi tu a chi la pensa così? 

Io e un cestista maschio facciamo lo stesso lavoro. Io ho lo stesso impegno, spendo le stesse ore in palestra ma siccome ho il cromosoma X prendo meno soldi. Alla base c’è il problema di come veniamo trattate. Sembra sempre che ci facciano un favore o la carità a farci giocare, capito? Quindi è proprio sbagliata la considerazione che c’è verso il basket femminile. Poi sicuramente potrebbe aiutare la cooperazione con le squadre maschili che però detta così sembra appunto, una carità, un favore.. E poi qualcuno dice che potrebbe aiutare anche abbassare il canestro.. io sono molto indecisa su questo..


Dove dovrebbero finire i tre milioni di investimenti annunciati dal Presidente della Federazione Gianni Petrucci per il basket femminile?


Una parte ci stava anche di darla a noi, un po', un pochino, gli ultimi due spicci che avanzavano (ride). Questi tre milioni sicuramente li userei per migliorare le strutture, le palestre scolastiche e il minibasket. Bisogna ripartire dalle basi: sul reclutamento e sulla formazione di chi allena. 


Prossimi obiettivi della Nazionale?

La qualificazione ai Mondiali, che manca da tanti anni, e poi le Olimpiadi. Ora che abbiamo un'identità e un percorso condiviso c’è sicuramente la volontà di far bene e arrivare anche a Los Angeles 2028, lavorando con calma e umiltà come abbiamo fatto fino ad ora. La medaglia europea ci ha dato maggiore sicurezza e consapevolezza.


Che ruolo hanno i social per te?

Sono parte della vita e il primo strumento di informazione. Io li uso, non posto sempre, ma se c’è un messaggio che voglio mandare, lo condivido. Prima li vedevo in modo negativo perché mi sembrava tutto molto falso, invece ‘invecchiando’ mi sono resa conto che posso utilizzarli anche in maniera positiva. Mi piace pensare che dicendo la mia, do spunti di riflessione. Questo anche perché mia madre una volta mi ha fatto una battuta dicendo: «wow, Jas, hai raggiunto i 10mila follower su Instagram!». Io ho risposto «ma va, ma quando mai». Però poi ho controllato e ho pensato: «ci sono 10 mila teste pensanti che vedono le mie cose, non posso condividere solo gatti!!». 


Come gestisci i commenti negativi?

Non ci ho mai dato troppo peso perché ci sarà sempre qualcuno che ti criticherà. Di recente ho condiviso un post più politico: una foto dove ci sono io che fotografo un graffito con la scritta ‘meglio porca che fascista’. L’ho fatto perché ho pensato «mi sono rotta le palle di pubblicare sempre queste cose dove si fa solo canestro, voglio far sentire la mia voce!» Un utente mi ha commentato «giusto esporsi ma a tutto c’è un limite» mentre un altro mi ha detto che la foto era fuori contesto. Come fa ad essere fuori contesto un contenuto anti-fascista?! Ho avuto l’impulso di rispondere ma ho desistito. Sono serena perchè so che è inutile, una lotta senza fine.




In un’intervista ho visto che hai letto Shantaram che è nella top 5 dei miei libri preferiti. Che libri ti piacciono e cosa significa per te leggere?

Per me leggere significa tantissimo. In realtà qualsiasi interesse fuori dalla pallacanestro è importante, perché mi tiene libera la mente. Ho molti interessi piccolini, faccio altro perché mi serve. Una Top 5 non te la so dire perché non mi ricordo cosa leggo, so cosa leggo ma non i titoli e chi l’ha scritto: io leggo. Shantaram mi è piaciuto da morire e dopo averlo finito non ho aperto un libro per due mesi perché non sapevo cosa leggere, mi aveva rovinato il gusto. 


La tua più grande soddisfazione sportiva? e il tuo prossimo obiettivo?

Io vivo molto giorno per giorno quindi non mi metto obiettivi a lungo termine. Sicuramente vincere la medaglia è stato incredibile. È una grande soddisfazione: abbiamo scritto la storia, mi devo ancora rendere conto forse però abbiamo dato proprio la svolta al movimento del basket italiano. Ovvio che ci sono altre emozioni nella mia carriera e spero che ce ne saranno ancora però direi che questa, bella fresca, ci sta.


La rimessa sbagliata contro la Turchia nei quarti di finale del torneo è stato un momento clou del vostro percorso, su cui per fortuna sei riuscita a fare anche molta autoironia. Che esperienza di crescita è stata per te, anche rispetto al tuo rapporto con gli errori?

Subito dopo aver sbagliato la rimessa ho pensato «ho fatto la mia cazzata, adesso va tutto bene.» Le mie compagne sono state incredibili: mi sono state vicine, senza starmi troppo addosso. Appena sono tornata in panchina mi sono saltati tutti addosso e infatti ho fatto un passo indietro e ho detto «lasciatemi stare, sto bene, ci sono».  Per il lavoro che facciamo siamo abituate all’errore. Il basket è uno sport velocissimo, non puoi pensare troppo, devi pensare subito all’azione dopo sennò sei persa. Io sono una persona molto tranquilla, cerco sempre di controllarmi, non forzatamente ma sono proprio serena di mio. Noi giocatrici e atlete in generale, siamo sempre sotto i riflettori. Il nostro lavoro è un lavoro in cui vieni corretta continuamente, viviamo di correzioni, dobbiamo fare quello che ci dice il coach nel modo in cui lo vuole lui. È tosto perché sei sempre sotto a livello mentale, non si tratta solo di buttare la palla nel canestro. Il rapporto con l’errore è importante ed è importante coltivarlo subito, non sei una brava giocatrice se non fai gli errori, ma se li fai e continui a giocare.


    Cecilia Zandalasini consola Jasmine Keys con un bacio dopo l’errore sulla rimessa a cinque secondi dalla fine, con l’Italia in vantaggio di due punti contro al Turchia ai quarti di finale . La partita si è poi conclusa ai supplementari con la vittoria delle Azzurre.
Cecilia Zandalasini consola Jasmine Keys con un bacio dopo l’errore sulla rimessa a cinque secondi dalla fine, con l’Italia in vantaggio di due punti contro al Turchia ai quarti di finale . La partita si è poi conclusa ai supplementari con la vittoria delle Azzurre.

*La legge che ha modificato i contratti sportivi è la Riforma dello Sport (Decreto legislativo n. 36/2021), entrata in vigore il 1° luglio 2023. La novità principale è stata l'introduzione di contratti specifici per lavoro sportivo su cui è previsto l'obbligo contributivo INPS per i compensi eccedenti i 5.000 euro annui. 


 
 
 

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