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All'Europeo, l’Italia del basket femminile ha fatto un miracolo sportivo ed è uscita dalla tana dell’invisibilità

  • valeriocamilla93
  • 28 lug
  • Tempo di lettura: 7 min

Aggiornamento: 24 ott


 

Esattamente un mese fa, il 28 giugno l’Italia del basket femminile ha finalmente conquistato una medaglia europea. Un bronzo bellissimo che mancava da trent’anni, dai campionati di Brno del 1995. Contro ogni pronostico, la squadra di capitan Spreafico, della stella Cecilia Zandalasini e del miglior allenatore del torneo Andrea Capobianco ha sbancato il Pireo, lo stadio della pace e dell’amicizia di Atene. Un palazzetto magico per l’Italbasket, che qui con la squadra maschile aveva conquistato l’argento olimpico 21 anni fa.


 

Dopo aver perso di solo due punti contro le campionesse in carica del Belgio in semifinale, nella finalina siamo state capaci di battere la Francia, medaglia d’argento a Parigi 2024 e nostro indiscutibile tallone d’Achille. Nelle ultime 19 partite contro le transalpine avevamo sempre perso, con uno scarto medio di 25 punti. Un risultato clamoroso frutto di una difesa arcigna, gioco di squadra, leadership condivisa e freddezza nei momenti decisivi e che consegna le dodici azzurre alla storia di uno sport che ci aveva regalato fin qui molte delusioni. Dal 1994 la squadra femminile non partecipa a un mondiale e da sette edizioni non riesce a qualificarsi per le Olimpiadi mentre negli ultimi 10 anni il 7° posto è stato il risultato migliore nella rassegna continentale.

 

I problemi del basket femminile:

 

La pallacanestro femminile è infatti un movimento in grande difficoltà che fatica a produrre talenti in grado di brillare a livello europeo e internazionale con la sola eccezione di Cecilia Zandalasini. La pallacanestro femminile in Italia attraversa una fase di profonda difficoltà: tra il 2017 e il 2023 (ultimo dato disponibile) il numero delle tesserate si è dimezzato, passando da 47.321 a 22.550 e il divario tra Nord e Sud rimane prevalente con solo due squadre meridionali iscritte nella massima lega.

 

A questa situazione di fragilità si aggiunge anche un campionato di serie A che fatica ad essere competitivo e coinvolgente e che ha pochissima visibilità mediatica con solo una partita trasmessa in chiaro sulla Rai per ogni giornata. Infine, anche ai livelli più alti, le cestiste in Italia non sono considerate professioniste, guadagnano poco e se vogliono diventare madri non hanno quasi nessuna tutela, fatta eccezione per un fondo maternità che è accessibile solo a chi compete in campionati nazionali.


In questa condizione quindi, qual è l’impatto di questa vittoria europea in termini di pubblico, visibilità e attenzione mediatica e qual è la strada che si sta aprendo per tutto il movimento? Cerchiamo di capirlo anche grazie alle voci di chi il movimento lo conosce e lo vive da dentro: Kathrin Ress, assistente allenatrice delle azzurre ed ex cestista con 132 presenze con la nazionale e Giancarlo Migliola, responsabile dell’ufficio stampa della Federazione Italiana di Pallacanestro. 

 

Il torneo di qualificazione a Bologna: tra luci e ombre

 

Il girone di qualificazione per le Azzurre è iniziato in pompa magna tra le mura di casa, a Basket city, al secolo Bologna. Nello storico PalaDozza, teatro delle più memorabili battaglie cestistiche moderne, il pubblico è cresciuto di giorno in giorno: dai 2601 spettatori di gara 1 tra Italia e Serbia, si è passati ai quasi 4000 dell’ultima giornata - sabato 21 giugno – su una capienza di 5.570 posti. Un risultato da non buttare ma che non può di certo eguagliare il record dei 10.000 spettatori che in Grecia hanno gremito il Pireo per la partita dell’altro girone di qualificazione tra le padrone di casa e la Turchia

 

«Forse speravamo in qualcosa in più in termini di presenza» ci racconta Kathrin Ress «ma la cornice di Bologna è stata uno spettacolo». Le atlete e tutto lo staff azzurro hanno potuto contare su un pubblico appassionato e anche un po’ sorpreso dalle 3 vittorie su 3 partite dove le azzurre hanno mostrato una compattezza ma vista prima. Una squadra che non contava più solo sul talento di Cecilia Zandalasini ma sull’unità di un gruppo grintoso e imprevedibile perché capace di far emergere, nei momenti di difficoltà, protagoniste inaspettate. Caratteristiche che hanno esaltato chi era presente al palazzetto e spinto molti tifosi e tifose a fermarsi a fine partita per chiedere autografi e selfie alle Azzurre poco abituate a stare sotto le luci della ribalta.

 

«Si poteva coinvolgere di più le squadre giovanili del territorio sia per le partite ma anche in preparazione alle partite, quindi mentre le scuole erano ancora aperte» continua Ress. Nonostante infatti a Bologna ci siano due squadre importanti come la Fortitudo (serie A2) e la Virtus Bologna (fresca vincitrice dello scudetto di serie A) la presenza di giocatori provenienti dai settori giovanili è stata inesistente. La rappresentanza di società giovanili a Bologna e dintorni è stata garantita solo dalle giovani ragazze, a ribadire che purtroppo il basket femminile è ancora una cosa da donne per le donne.


Il ruolo della televisione

 

Il principale successo mediatico della nazionale femminile di basket è arrivato dalla visibilità televisiva: grazie all’ottimo percorso nel girone di qualificazione, i quarti di finale vinti all’overtime contro la Turchia sono stati trasmessi su Rai 2, anziché su Raisport. «Questo credo proprio che sia stato l’apice» gioisce Ress mentre ragiona sulle conseguenze positive di questo traguardo: «anche persone che non ci conoscono o hanno interesse per la pallacanestro hanno avuto modo di vederci. Sono sicura che in tanti casi due o tre minuti di visione della partita, siano poi diventati dieci…»

 

Un’impressione quella dell’ex giocatrice che si rispecchia anche nei numeri: la sfida contro la Turchia è stata seguita da 389 mila spettatori di media, saliti nel supplementare a 571.000, con uno share del 3.4%. Un dato che è poi aumentato per la finalina contro la Francia dove si è raggiunto il 5,56% e di share e 491.000 tifosi incollati alla tv. Oltre alla Rai anche Sky ha trasmesso la competizione e ha arricchito il racconto con interviste e approfondimenti. Un successo e un’attenzione che ha spinto la Federazione stessa a lavorare ad un bellissimo documentario disponibile su YouTube che racconta la vittoria di questa insperata medaglia attraverso le parole e le emozioni di chi l’ha vissuta.

 

 

La stampa

 

Per quanto riguarda i giornali, sicuramente si poteva fare qualcosa in più anche in termini di presenza della stampa a Bologna dove, come ci racconta Migliola, «erano presenti i giornali locali ma, a livello nazionale, c’erano solo gli inviati di Tuttosport, de Il Corriere dello Sport e de La Gazzetta dello Sport». Dei principali quotidiani nazionali neanche l’ombra.

 

Quando poi il torneo si è spostato ad Atene in Grecia, a coprire l’evento c’erano solo i giornalisti delle redazioni di SkySport, della Rai, de Il Messaggero e di Basket Rosa. Tutto il resto era a distanza. Una netta differenza questa rispetto alle altre nazioni che come ricorda Migliola sono arrivate molto meglio attrezzate di noi: «il giorno della finale per il terzo posto ero praticamente da solo in tribuna stampa. I francesi saranno stati almeno dodici».

 

Una differenza che, a detta dell’addetto stampa, non si ripeterebbe «se si giocasse l’Europeo tra un mese». Secondo il suo speciale osservatorio infatti durante il procedere della competizione, c’è stata una vera e propria «esplosione in termini di visibilità. Se prima ero costretto ad elemosinare cinque righe sul giornale, ora mi sono ritrovato a dover declinare delle proposte. Questo chiaramente è merito dei risultati ottenuti sul campo, dopo molti anni di buio totale.»

 

All’indomani della conquista del bronzo Migliola ha contato ben 35 articoli sulla stampa sportiva oltre ai passaggi in radio e nelle tv locali. «Scherzando ho detto alle ragazze: quest’anno avete deciso di farmi lavorare!!» racconta divertito l’addetto stampa che però non si vuole accontentare: «ora che però siamo usciti dalla tana, è tempo di raccontare delle storie buchino il perimetro conosciuto della stampa sportiva

 

Una stampa sportiva che pur avendo sicuramente aumentato lo spazio concesso a questo sport e a questa competizione, non sempre ha trattato il tema in maniera consona. Tra gli articoli usciti i giorni dopo la vittoria, c’è anche l’intervista a tutta pagine del presidente della Federbasket Gianni Petrucci sulle pagine del La Gazzetta dello Sport con l’inappropriato titolo «Fate come loro. Queste ragazze siano uno stimolo per gli azzurri». Su dieci domande poste dal giornale, nove erano relative al basket maschile e alla politica dello sport che però è fatta solo da uomini.

 

Una strada aperta, un futuro da costruire

 

Il futuro della pallacanestro femminile sembra quindi ancora molto incerto: mentre la gabbia dell’invisibilità è stata rotta e una strada è stata finalmente aperta, il percorso che attende il movimento è ancora pieno di incognite. A marzo, infatti, ci sarà il pre-Mondiale, un test che darà indicazioni reali su quanto interesse questo bronzo ha veramente risvegliato nei media e nel pubblico. Un momento cruciale che andrà capitalizzato con bravura e visione ma anche con il sostegno del buon gioco e si spera anche delle vittorie, senza le quali è difficile pensare di cavalcare l’onda. «Da qua ai prossimi mesi la nostra intenzione è di far si che questo risultato non rimanga solo una settimana meravigliosa» mi assicura Migliola.

 

In termini più concreti l’auspicio è che aumenti costantemente l'attenzione mediatica e il racconto del basket giocato dalle donne, magari anche grazie alla nascita di progetti editoriali in grado di concentrarsi esclusivamente sul pallacanestro femminile e la sua cornice di riferimento. Molto sta accadendo dall'altra parte dell'oceano con le giocatrici delle WNBA che combattono strenuamente per l'aumento dei salari.

Parallelamente il futuro di questo sport è appeso alla capacità di capitalizzare la medaglia europea attraverso un'aumento copioso delle iscritte e della riconoscibilità delle atlete della nazionale. A livello culturale, la pallacanestro è sentita ancora come un'attività maschile e che quindi ha bisogno di queste vittorie per battere il chiodo, per far sapere che esiste, che giocare a basket a volte significa anche vincere una medaglia, finire sui giornali, essere delle stelle.

 

Il futuro è in tutte quelle ragazzine (e perché no ragazzini) che quest’estate, e ogni estate da oggi, prenderanno in mano quel pallone per imitare il fadaway di Zandalasini, la determinazione di Lorela Cubaj, la versatilità di Jasmine Keys, la voglia di riscatto di  Martina Fassina, il playmaking di Cocca Verona, la difesa arcigna di Francesca Pan, le cose piccole ma importanti che fa Stefania Trimboli, la gestione dello spogliatoio da vera senior del capitano Spreafico, gli assist di Lella Santucci, le triple di Sara Madera, i rimbalzi di Olbis e la scorribande di Francesca Pasa. Dodici ragazze, dodici esempi da seguire.

 

 

 
 
 

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